Il Presidente Labate: “Di fronte ad una situazione che rimane seria, stiamo assistendo a provvedimenti del Governo straordinari diretti a contenere l’emergenza sanitaria. Altrettanto eccezionali devono essere le misure di protezione delle Aziende”.
Con la fine dell’anno si addensano nubi sugli imprenditori che, nonostante il protrarsi dell’emergenza sanitaria e, dunque, delle pesanti misure restrittive imposte dal Governo, (sicuramente necessarie ma che incidono negativamente sull’universo delle partite iva) non vedranno prorogate alla stessa maniera le forme di tutela e garanzia che erano state approntate per fare fronte alla crisi Covid.
È semplice l’equazione fatta dal Presidente di Confcommercio Reggio Calabria Lorenzo Labate “se, purtroppo, l’emergenza continua, se continua ad essere massima l’allerta, se continuano i provvedimenti e le misure restrittive praticamente senza soluzione di continuità da un anno e mezzo, allo stesso modo devono continuare anche gli aiuti alle imprese che hanno “diritto” ad accedere ad adeguate misure compensative”.
Per l’Associazione dei commercianti reggina, solo al mutare delle condizioni sarebbe accettabile il venir meno degli strumenti di tutela per le imprese. “Se l’obiettivo è salvare imprese e occupazione – dichiara Labate – non va nella giusta direzione la scelta del Governo sugli ammortizzatori sociali che non saranno prorogati con le stesse modalità dell’anno trascorso. Al momento infatti il Governo ha scelto di eliminare la “Cig in deroga” con causale Covid introdotta ad inizio pandemia per supportare dipendenti ed aziende di piccole dimensione, procedendo nella direzione di un nuovo strumento di integrazione “ordinario” con previsione di un costo a carico dell’Azienda”.
“Ma perché le piccole aziende del commercio o della ristorazione – si domanda Confcommercio – dovrebbero pagare una cassa integrazione che andrebbero ad utilizzare per il permanere di una situazione emergenziale e, comunque, “a causa” di scelte politiche su restrizioni anti-Covid? Se il ricorso alla Cig per la sospensione/riduzione dei rapporti di lavoro ha la sua origine nella pandemia non è possibile scaricarne il costo sull’imprenditore!”.
Oltre alla questione ammortizzatori, da rivedere per garantire la continuità occupazionale ai lavoratori impiegati e per tutelare le professionalità dei comparti rappresentati, l’Associazione dei commercianti reggina ribadisce sul territorio la linea della Confederazione condivisa nei recenti tavoli nazionali, evidenziando la necessità che nel 2022 le imprese, soprattutto in tessuti economici fragili come le realtà meridionali, non siano lasciate da sole ad affrontare con strumenti “normali” una situazione che rimane “eccezionale”.
“Come richiesto a gran voce del nostro Presidente Sangalli, è indispensabile prevedere nuovi ristori e una moratoria fiscale – continua Labate – posticipare le scadenze di mutui, bollette e pagamenti vari almeno fino al termine dello stato di emergenza. Poi sono necessarie altre micro-misure come il credito d’imposta per le rimanenze di magazzino anche per le aziende commerciali di tessile, moda, calzaturiero e pelletteria. Sarebbe una bella boccata d’ossigeno e e a livello nazionale Confcommercio si sta spendendo in questo senso”.
Con il decreto Festività di qualche giorno addietro il Governo è stato veloce e fermo nell’adottare provvedimenti tesi ad impedire il dilagare dei contagi non intervenendo tuttavia con la stessa sollecitudine nella direzione di sostenere le aziende maggiormente colpite dai nuovi provvedimenti: discoteche in primis, costrette alla chiusura fino al 31 gennaio, ma anche tutto il mondo della ristorazione, del turismo, il comparto commerciale”.
Purtroppo conclude Labate “per il 2022, almeno fino alla fine dello stato di emergenza, è fondamentale che, soprattutto nel Meridione dove il recupero per le note criticità sarà più lento, le imprese non vengano abbandonate al loro destino. Il ritorno alla “normalità” pure in piena crisi, il venire meno dei “ristori” in assenza di adeguate misure compensative, produrrebbe un impatto devastante sui conti delle aziende, già stremate da un anno e mezzo di pandemia e di chiusure e rischierebbe di travolgere le attività ancora aperte. In tal modo, la pandemia rischia di favorire la criminalità che potrebbe trarre vantaggio da una situazione di particolare criticità, cavalcando l’onda del disagio economico e del divario sociale”.